Confrontandola con indicazioni di altre Province e con la normativa di settore DM 05.02.98 è possibile costruire una procedura.
La definizione di “recupero ambientale” data dall’art. 5 del D.M. 5 febbraio 1998 rappresenta una precisazione della definizione generale data dal D.L.vo 152/2006 per l’operazione di recupero contraddistinta dal punto R10 dell’elenco di cui all’Allegato C alla Parte quarta del medesimo decreto. Infatti, essa consiste nello “spandimento sul suolo a beneficio dell’agricoltura o dell’ecologia” di rifiuti, tal quali o sottoposti a specifico trattamento.
Alla lettera
d) del comma 2 dell’art. 5 del D.M. 5 febbraio 1998, si afferma che “L’utilizzo di rifiuti nelle attività di cui
al comma 1 è sottoposto alle procedure semplificate (…) a condizione che: (…)
sia compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche e
geomorfologiche dell’area da recuperare.”
Di tutti i rifiuti per i quali la norma ammette a
determinate condizioni specifiche (enunciate dal pertinente paragrafo per
ciascuna tipologia) l’utilizzo per le predette finalità è altresì condizionato
al possesso dei requisiti generali di compatibilità di cui all’art. 5.
Proseguendo nella lettura, infatti, la successiva
lettera d bis) - introdotta dall’art. 1, co. 1, lett. b) del D.M. 186/2006 -
chiarisce che: “in ogni caso, il
contenuto dei contaminanti sia conforme a quanto previsto dalla legislazione
vigente in materia di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei
siti inquinati, in funzione della specifica destinazione d’uso del sito”.
Tale ultima condizione è generale (“in ogni caso”, recita la norma e cioè
anche quando siano già accertate tutte le precedenti) ed aggiuntiva. Lo stesso,
vale per il “test di cessione” laddove previsto.
Si deve esaminare la tipologia del sito di destino dove restituire determinate tipologie di materiali che dalla terra sono stati
estratti. Es. le scorie di fonderia, presentano una composizione chimica simile
a quella dei minerali da cui sono estratti i metalli essendo in gran parte
costituite da ossidi metallici, quindi risultano particolarmente indicate per il
ritombamento dei giacimenti.
La norma che
disciplina gli interventi in questione è costituita dall’art. 5 del D.M..
Il co. 1 dell’art. 5 recita: “Le attività di recupero
ambientale individuate nell’Allegato 1 consistono nella restituzione di aree
degradate ad usi produttivi o sociali attraverso rimodellamenti morfologici.”
Quindi occorre dimostrare:
- stato di degrado dell’area;
- finalità del progetto, cioè la restituzione dell’area ad
usi produttivi o sociali specificamente e preventivamente individuati,
compatibili con le previsoni del PRGC vigente;
- che il rimodellamento consista nel complesso delle
operazioni, dettagliatamente descritte nel progetto, atte a restituire all’area
una morfologia idonea ad i successivi usi produttivi e sociali;
Il co. 2 recita : “L’utilizzo dei rifiuti nelle attività di
recupero di cui al comma 1 è sottoposto alle procedure semplificate previste
dall’articolo 33, del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, a condizione
che:
a)
i rifiuti non siano pericolosi;
La pericolosità del
rifiuto deve essere esclusa attraverso le necessarie analisi di
caratterizzazione dello stesso, conformemente a quanto stabilito
dall’Allegato 1 al D.M. 3 agosto 2005.
b)
sia previsto e disciplinato da apposito progetto approvato dall’autorità
competente;
La
comunicazione di inizio attività di cui agli artt. 214 e 216 del D.L.vo
152/2006 possa essere presentata alla Provincia solo dopo che sia stato
rilasciato dal Comune competente il permesso di costruire di cui all’art. 10
del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
c)
sia effettuato nel rispetto delle norme tecniche e delle condizioni specifiche
previste dal presente decreto per la singola tipologia di rifiuto impiegato,
nonché nel rispetto del progetto di cui alla lettera b);
Tale condizioni è legata alla precedente: il progetto presentato in Comune deve essere lo stesso presentato in Provincia.
d)
sia compatibile con le caratteristiche chimico-fisiche, idrogeologiche e
geomorfologiche dell’area da recuperare.
I progetti relativi ad interventi di recupero ambientale dovranno essere
corredati da una dettagliata relazione atta a descrivere in maniera esaustiva
il complesso delle caratteristiche del sito, al fine di individuare le
tipologie di rifiuti più idonee alle finalità del ripristino.
d-bis)
in ogni caso, il contenuto dei contaminanti sia conforme a quanto previsto
dalla legislazione vigente in materia di messa in sicurezza, bonifica e
ripristino ambientale dei siti inquinati, in funzione della specifica
destinazione d’uso del sito.”
Si riferisce alla Tabella 1 dell’Allegato 5 al Titolo V della Parte quarta del
D.L.vo 152/2006.
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